Panno Casentino, chiude l'azienda che lo produce. Vagnoli: "c'è uno spiraglio, lavoriamo su quello"
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“Siamo qui a luci spente perché ci hanno staccato la corrente. Noi abbiamo cercato di tutelare per primi i dipendenti”. Andrea Fastoni, socio e dipendente della Manifattura del Casentino, non nasconde la sua grande amarezza nel mostrarci i capannoni al buio e con le macchine spente in quello che ad oggi è l'unico stabilimento in Italia a poter produrre il celebre Panno Casentino.
Lo stesso ordinato per un cappotto anche da Re Carlo III nel 2022. La fabbrica, che si trova a Soci nel comune di Bibbiena nell'Aretino, nonostante i tanti sforzi è arrivata al capolinea.
Ad ufficializzare la chiusura la Cgil. “Le abbiamo tentate di tutte ma alla fine l’azienda non aveva più commesse – afferma Alessandro Mugnai, dirigente della Filctem Cgil - dopo il taglio della corrente elettrica ecco la chiusura dello stabilimento e le lettere di licenziamento agli ultimi dipendenti”. In tutto 12 i lavoratori che erano attualmente impiegati nello stabilimento e sono stati licenziati. Nel luglio del 2022 il tentativo di salvataggio, ci fu un intervento importante da parte di tutte le istituzioni. Poi l'interessamento di un imprenditore pratese.
Elisa Calori, segretaria Filctem, sottolinea l’impegno del sindacato in questi anni: “nel luglio 2022 ponemmo il problema della grave crisi della Manifattura del Casentino alla Prefettura e al sistema economico e istituzionale. Bellandi, un’industria di Prato, sulla scia della ripresa del tessile dopo la pausa Covid, sostenne l’apparente ripresa dell’azienda casentinese che, però, ha sempre operato da conto terzista, esponendosi gravemente alle fluttuazioni del settore”.
Chi ha lavorato in questo stabilimento per tanti anni, sente sulla propria pelle la crisi del settore tessile e la difficile situazione internazionale che hanno determinato il crollo delle commesse.
“E' colpa soprattutto della crisi del settore – afferma Andrea Fastoni - è una crisi che non molla, non ci sono prospettive di ripresa. Abbiamo lavorato, pochissimo, fino a giugno. Da luglio non avevamo più commesse e siamo andati tutti in cassa integrazione. Abbiamo fatto presente quanto stava accadendo a tutte le istituzioni, in primis la Regione, ma non purtroppo non c'è stato niente di concreto. Così siamo stati costretti il 2 ottobre a mettere la ditta in liquidazione e il 16 ottobre a licenziare il personale”. I macchinari, però sono ancora presenti nello stabilimento, quello che produce il famoso ricciolo è dei primi del '900 ancora funzionante. Lo ricordano i soci della Manifattura del Casentino in una lettera, la seconda perché la prima era stata inviata lo scorso 8 settembre, indirizzzata a clienti ed istituzioni.
“Per salvare il Panno Casentino e relativi posti di lavoro siamo ancora in tempo – si legge nella lettera – almeno fino a che non smonteremo i macchinari storici siti in azienda il che avverrà presumibilmente tra circa 30 giorni”. L'appello da parte dei lavoratori è anche verso un grande brand della moda, si guarda alla Toscana e all'Umbria, che possa credere in questo prodotto Made in Italy. “Mi appello a qualche grande brand – afferma Andrea Fastoni - qualcuno che abbia le possibilità per non buttare a monte tutta questa storia. Il Panno Casentino è una storia italiana e viene prodotto solo qui”.
Il Panno Casentino è ancora in commercio con due realtà come TACS e Tessilnova che si occupano di confezionamento e commercio. Si trovano sempre in Casentino, a Stia. Nello stabilimento di Soci veniva effettuata la cosiddetta “rifinizione”, ovvero la creazione del famoso ricciolo e la tinteggiatura delle pezze. Ma il Panno Casentino potrebbe essere prodotto altrove? “Penso proprio di no – afferma con certezza Fastoni - con queste caratteristiche sicuramente no. Perché qui ci sono le maestranze, l’acqua dell'Archiano (un torrente ndr) e la macchina storica del 1900. Forse potranno produrre un'imitazione, ma non sarà più Panno Casentino”.
Sul caso interviene anche il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli.
“C’è uno spiraglio, lavoriamo su quello – afferma Vagnoli - un mese è certamente poco, ma ci possiamo ancora lavorare, prima di mettere la parola fine a tutto questo progetto a cui il paese di Soci è molto legato. Il Panno Casentino resta in commercio in quanto il lavoro di confezione e valorizzazione del prodotto, prosegue grazie ad aziende molto solide come TACS e Tessilnova di Stia. La mia proposta a Regione Toscana per il sito di Soci è dunque questa: convochiamo un tavolo operativo in estrema urgenza e proviamo a salvare anche un solo piccolo ambito della produzione, ovvero quello della rifinizione, contando sulla presenza nel sito dei macchinari storici per la realizzazione del famoso ricciolo”.